5 ragioni per cui la SEO è morta e 5 per cui non morirà mai
Da diversi anni viene ormai riproposto il “Coming Soon” della morte della SEO. La crescente importanza del Social Media Marketing e i sempre più complessi meccanismi della SERP, non lasciano presagire nulla di buono per la SEO o, forse, per il vecchio modo di intenderla.
I fattori che influenzano il posizionamento organico sono sempre nuovi e – talvolta – imprevedibili: programmare azioni per ottenere risultati a precise scadenze è un’impresa molto più difficile di una volta. La sentenza “Content is the King” è sempre vera – ma il lavoro di chi fa SEO spesso impone delle timeline che mal si accordano con le tempistiche che l’algoritmo di Google impone per “digerire” un buon contenuto e premiarlo nei risultati di ricerca.
Insomma, in un momento in cui la semantica del mondo digitale si evolve – inglobando termini, parametri e funzioni da continui nuovi siti e servizi – chi fa SEO deve tenere un occhio sulla strada e uno al motore, per cercare di fare le giuste scommesse. Il SEO specialist è una delle poche figure che si interfaccia con quasi tutte le altre figure professionali: i programmatori, il marketing, l’amministrazione, IT, etc. Proprio questa sua peculiare trasversalità, deve trasformarsi in arma e divenire il principale mezzo per la sua stessa sopravvivenza.
All’interno di questo clima, può essere inquadrato il gioco di provocazioni e la diatriba tra chi preannuncia la morte della SEO (come ogni anno) e chi pensa che non morirà mai (come ogni anno).
Vediamo insieme le principali ragioni dei due partiti.
5 ragioni per cui la SEO è morta
- La ricerca organica diminuisce: alcuni affermano che su tutte le web si osserverà da qui al prossimo futuro, un calo lento ma costante delle visite dovute a ricerche organiche. Sono i sostenitori della SMO (Social Media Optimization), che ritengono centrali le dinamiche dei social. In quest’ottica, gli utenti sono ormai abituati a cercare dovunque e in più fonti e difficilmente cadono nel “tranello” del primo risultato naturale della query di ricerca;
- I social media e le app stanno crescendo: una ampia fascia del mercato – sempre secondo i fatalisti della SEO – è già assorbita e sarà sempre più assorbita dai social media e dalle app. Il concetto alla base è sempre lo stesso: puoi anche essere in prima posizione, ma a cosa serve se acquisti, prenotazioni e visualizzazioni arrivano sempre di più tramite altri canali?
- Ranking vs conversion: questo argomento è collegato al precedente. Un sito web con ottime metriche e ottimo posizionamento, è davvero così utile se non “monetizza” il traffico? Se effettivamente la monetizzazione dovesse passare sempre più attraverso altri canali, il ranking non sarebbe più così importante;
- “Vanità: il mio peccato preferito”: gli utenti vogliono quello che hanno i loro amici. Anche gli amici di Facebook. Quindi: compreranno ciò che andrà di moda, con buona pace di chi vince la “gara di posizionamento” della SERP;
- Gli utenti amano le web “social”: Già. Questo, perché social network e piattaforme hanno quasi sempre volti, profili, spazi dove interagire e commentare. La logica con cui funziona la SERP di Google è diversa (almeno: per ora). Come può il vecchio gigante placare la fame di condivisione e di sharing della nuova utenza?
5 ragioni per cui la SEO non morirà mai
Ai detrattori della SEO, rispondono coloro i quali non hanno mai guardato alla SEO come a una teoria consistentemente statica, ma come a una via per integrare una parte del linguaggio digital all’interno delle abitudini della vita quotidiana.
Vediamo insieme le principali ragioni dei SEO inossidabili:
- La SEO è ragione di perfezionamento: riuscite a immaginare come sarebbe la SERP di Google e quali risultati verrebbero fuori da query anche sui social network, se non ci fosse stato un costante lavoro in questi anni da parte di chi fa SEO? Certo, il SEO Specialist lavora per posizionare un sito più in alto. Ma la costante dialettica con l’algoritmo di Google ha permesso di sviluppare in modo esponenziale le logiche di restituzione dei risultati. Immaginate la pertinenza di query in cui vengono restituiti solo risultati a pagamento? Riuscite a immaginare delle query sui social network con lo stesso grado di accuratezza di restituzione dei risultati della SERP?
- La SEO morirà quando morirà la ricerca di Google (e non solo): pensate che adesso la ricerca di Google sia morta? Nemmeno lontanamente. Mente attenta e occhi aperti, prima o poi potrebbe succedere. Ma continuiamo a occuparci del presente e, il presente, è ancora la SERP; inoltre, un nuovo importante fattore per il posizionamento potrebbe essere rappresentato dal posizionamento all’interno di piattaforme, di varia natura. Se la competizione per alcune keyword è troppo aspra, ci si posiziona dentro portali e piattaforme. E chi ci dice che Google non possa in futuro premiare simili iniziative?
- La SEO può integrarsi con il fattore umano: ne è la prova il fatto che le query di ricerca restituiscono oggi risultati che quasi sempre sono del tutto pertinenti, con quanto si è voluto cercare. Cosa vuol dire dunque migliorare l’esperienza degli utenti? Se significa permettere loro di trovare quello che cercano, la SEO è più viva che mai;
- La SEO è fondamentale per la conversione: vi sono nuovi social, app e funzionalità nemmeno lontanamente immaginabili 10 anni fa. La ricerca organica è ancora fondamentale per la conversione: avete mai acquistato un accessorio su un social network? Niente esclude che in futuro si arrivi a farlo, ma qui si parla del presente. Senza contare che nulla esclude che il progresso e l’evoluzione di social e nuovi canali, non possa portare a una loro maggiore integrazione con la logica del motore di ricerca;
- La SEO muore ogni anno da decenni: per carità, a volte si può anche risorgere. Ma quando i miracoli si ripetono con frequenza ossessiva – forse – non si tratta di miracoli. O no?
Conclusioni
Lo ammetto, il ruolo dell’osservatore imparziale non mi si addice. Ecco come la penso: cambia il punto di vista, aumentano le variabili ma la ricerca Google è tutt’altro che morta. Gli utenti continuano a cercare informazioni sul motore di ricerca: certo, si affidano anche ad altri canali, ma non hanno abbandonato la nave ammiraglia. I nuovi canali saranno sempre più integrati tra di loro e più valutati anche dall’algoritmo di Google: nuovi social e app interagiranno con la SERP, in modalità e maniere che al momento non sappiano nemmeno immaginare. Il nostro lavoro? Provare a farlo.
Ed è una sfida davvero difficile, molto più difficile di quelle che si sono presentate agli albori di questa – chiamiamola pure – disciplina. Oggi gli addetti SEO devono avere uno sguardo talmente ampio da rischiare il torcicollo, possedere competenze sia di Copywriting che di Marketing e Content Management; trovare nuove vie per soddisfare l’utente e migliorare la sua esperienza di navigazione, gettando contemporaneamente un occhio alle indicazioni di Analytics. Devono – infine – essere costantemente attenti ai segnali che indicano quali fattori influenzano di più il posizionamento. Alcuni SEO, oggi sostengono che l’elemento che più influenzerà nell’immediato il posizionamento sarà la keyword strategy: c’è chi, addirittura, attribuisce a questo fattore un’importanza quasi totalitaria.
Di certo, molte cose stanno cambiando: non me la sento di affermare che la Link Building abbia oggi poca importanza o che sia poco utile investire troppo tempo in azioni di SEO Copywriting e di SEO on-page (ad essere sincero: non lo credo per nulla). Me la sento però di dire che bisogna ascoltare il vento degli eventi: il fatto che vecchi fattori continuino oggi ad essere centrali, non vuol dire che lo saranno tra tre o quattro anni.
Insomma, che si voglia o meno parlare di SMO (Social Media Optimization) o di UEO (User Experience Optimization), poco importa. A mio modo di vedere, si tratta di nuovi termini, nuove definizioni e nuove “discipline” assolutamente importanti ma non in contrapposizione con chi li ha preceduti. La SEO non solo li ha preceduti, ma ha anche generato – attraverso un confronto dialettico – un piccolo codice linguistico. L’utente cerca, l’algoritmo restituisce e – talvolta – viceversa. Il linguaggio è questo: scambio, evoluzione. Nasce dall’esperienza reale – e chi metterebbe in dubbio che la SEO sia stata reale?
Cosa sarà in un lontano futuro, io non lo so. Ma sono pronto a scommettere che la SEO sarà data per morta e risorta ancora per diversi anni, mentre nuovi canali di comunicazione continueranno a integrarla, influenzarla e completarla. Fino a quando un giorno – forse – morirà. Nel frattempo, se volete farvi trovare su Internet e monetizzare le visite, continuate a dare un occhio alla SERP.
via: francescogavello.it